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17 maggio 2017

PERFORMANCE A ROMA "TIM YOUD RISCRIVE AUGUSTUS ALL'ARA PACIS"

Tim Youd arriva a Roma per riscrivere dal 24 maggio al 2 giugno, il 50° romanzo epistolare di Augustus di John Williams che confluirà nel progetto  “100 romanzi”.



Tim Youd riscrive “Augustus” di John Williams con la sua macchina da scrivere prediletta  la Royal 10.



Nelle performance di Youd ogni romanzo è ribattuto a macchina su un singolo foglio di carta, posto sopra un secondo foglio e fatto passare ripetutamente attraverso la macchina da scrivere. Al termine del lavoro di riscrittura, i due fogli sono separati e montati fianco a fianco come un dittico come le due pagine di un libro aperto e contengono tutte le battute dell’artista, tutte le parole del romanzo in uno spazio rettangolare e del tutto illeggibili.
Augustus è il cinquantesimo romanzo della serie ribattuta a macchina da Youd, a cui seguiranno altri su cui lavorerà in Italia nel corso della primavera/estate, tra cui Un Incantevole Aprile di Elizabeth Von Arnim al Castello Brown di Portofino, e l’Addio alle Armi di Ernest Hemingway al Grand Hotel delle Isole Borromee a Stresa – un albergo che Hemingway rese famoso – e Inseguimenti di Patricia Highsmith alla casa Arto sul canal Grande a Venezia.


Youd (n. 1967, Worcester, MA) sta al momento ribattendo a macchina 100 romanzi nel corso di 10 anni e compilando allo stesso tempo un corpo di dipinti, disegni e sculture pertinenti. A tutt’oggi ha ribattuto 48 romanzi in varie location negli Stati Uniti e in Europa. Ha lavorato in residenza in varie dimore di autori storici, come la Rowan Oak di William Faulkner con l’Art Museum della University of Mississippi (Oxford, MS), l’Andalusia di Flannery O’Connor con SCAD (Milledgeville and Savannah, GA), e la Monk’s House di Virginia Woolf (Rodmell, Sussex). Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre, tra cui il New Orleans Museum of Art, Hong-Gah Museum, Monterey Museum of Art, Hemingway-Pfeiffer Museum, Museum of Contemporary Art San Diego, University of Mississippi Art Museum at Rowan Oak e il Lancaster Museum of Art and History. Ha presentato il suo progetto 100 Novels al Los Angeles Contemporary Exhibitions (LACE) and LAXART e nel gennaio 2017 ha terminato di ribattere i Collected Plays di Joe Orton al Queen’s Theatre con MOCA London. Vive e lavora a Los Angeles.

#AraPacis
#Roma
#Augustus 

18 aprile 2017

ARTE A ROMA "SPARTACO . SCHIAVI E PADRONI A ROMA"


SPARTACO.SCHIAVI E PADRONI A ROMA


Museo dell’Ara Pacis

31 marzo - 17 settembre 2017

250 reperti archeologici, 10 fotografie e installazioni audio-video per un racconto immersivo.
Il complesso mondo degli schiavi nell’antica Roma a partire dall’ultima grande rivolta guidata da Spartaco tra il 73 e il 71 a.C. 
Il più grande sistema schiavistico che la storia abbia mai conosciuto è quello di Roma antica.



Un’intera economia era basata sullo sfruttamento dell'essere umano: una “merce” tanto cara e redditizia quanto deperibile. Milioni di individui privi di libertà, diritti e proprietà: stime recenti hanno calcolato presenti  tra i 6 e i 10 milioni di schiavi su una popolazione di 50/60 milioni di individui.
Spartaco. Schiavi e padroni a Roma, è ospitata dal Museo dell’Ara Pacis dal 31 marzo al 17 settembre 2017.




Grazie a un team di archeologi, scenografi, registi e architetti la mostra restituisce la complessità del mondo degli schiavi nell’antica Roma a partire dall’ultima grande rivolta guidata da Spartaco tra il 73 e il 71 a.C. Divenuto gladiatore, Spartaco fu protagonista della celebre ribellione della scuola di gladiatori di Capua. Raccolse intorno a sé una moltitudine di schiavi, ma anche di poveri e di disperati, che trasformò in un vero esercito, tenendo testa per ben tre anni all’esercito romano.



Terrorizzò Roma e il suo establishment, che gli inviò contro le legioni di Crasso, quelle di Pompeo e quelle di Lucullo. Finalmente fu sconfitto e cadde combattendo in armi. Il suo corpo non fu mai trovato, ma 6000 dei suoi compagni di ribellione furono crocefissi sulla via Appia, lungo tutta la strada tra Roma e Capua.



I diversi ambiti della schiavitù ai tempi di Spartaco sono raccontati attraverso 11 sezioni che raccolgono circa 250 reperti archeologici affiancati da una selezione di 10 fotografie. Le opere sono inserite in un racconto immersivo composto da installazioni audio e video che riportano in vita suoni, voci e ambientazioni del contesto storico. Chiudono il percorso i contributi forniti dalla Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, International Labour Organization), Agenzia Specializzata delle Nazioni Unite nei temi del lavoro e della politica sociale, impegnata nell’eliminazione del lavoro forzato e altre forme di schiavitù legate al mondo del lavoro.
I reperti archeologici provengono da 5 musei della Sovrintendenza Capitolina, da molti musei italiani (Museo Civico di Castel Nuovo - Maschio Angioino, Napoli; Fondazione Brescia Musei - Museo di Santa Giulia; Museo Archeologico dei Campi Flegrei, Baia (NA); Museo Archeologico Nazionale, Napoli; Servizio Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Messina; Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli; Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano e Palazzo Massimo; Soprintendenza Archeologica di Pompei; Gallerie Estensi, Modena; Accademia di S. Luca, Roma e


alcuni importanti musei stranieri (Musei Vaticani; Galleria Tretyakov, Mosca; Museo del Louvre, Parigi; Museo Archeologico Nazionale, Madrid; Museo Romano - Germanico, Colonia).
Le 10 fotografie – di Lewis Hine, Philip Jones Griffith, Patrick Zachmann, Gordon Parks, Fulvio Roiter, Francesco Cocco, Peter Magubane, Mark Peterson, Selvaprakash Lakshmanan – che affiancano il percorso espositivo, rappresentano altrettante forti denunce visive, realizzate da maestri della fotografia di documentazione, che in tempi recenti hanno voluto osservare con il proprio sguardo e la propria macchina fotografica alcune forme di schiavismo dell’epoca post-industriale e contemporanea. Ancora oggi, infatti, sono circa 21 milioni gli esseri umani che, secondo stime ufficiali, possono essere definiti vittime della new slavery.
LE SEZIONI
Benché la schiavitù sia esistita da tempi remoti in tutte le civiltà, sono stati i romani a dare vita all’organizzazione di un sistema schiavistico capillare sorto a seguito della conquista di intere popolazioni e territori immensi, che funzionarono come bacino di rifornimento di manodopera schiavile. Senza gli schiavi, motore silenzioso e quasi invisibile dell’impero, difficilmente si sarebbe sviluppato il latifondo a cultura intensiva, il commercio non avrebbe potuto distribuire merci su scala globale solcando numerose rotte, così come l’industria tessile, le fabbriche dei laterizi, la produzione industriale della ceramica e le imprese estrattive di cava e di miniera non avrebbero potuto far fronte ai consumi delle grandi concentrazioni urbane sorte intorno al Mediterraneo. Persino il settore divertimento e tempo libero – teatro, circo e terme – non avrebbe potuto sopravvivere senza una larga percentuale di lavoro schiavile.
Il percorso si snoda attraverso undici sezioni, a partire da Vincitori e vinti, in cui si racconta l’età delle conquiste e la riduzione in schiavitù di decine di migliaia di vinti in ogni campagna militare; Il sangue di Spartaco, ossia la sconfitta a opera delle legioni di Crasso dei circa 70.000 ribelli guidati, appunto, da Spartaco, episodio che segna la fine sanguinosa delle guerre sociali e sancisce l’ineluttabilità dell’economia schiavile.
La terza sezione è dedicata al Mercato degli schiavi, fiorente in tutto il Mediterraneo e presente nella stessa Roma.
La condizione degli Schiavi domestici è l’argomento della quarta sezione che evidenzia il privilegio, rispetto agli addetti ai lavori pesanti, di chi condivideva quotidianamente la vita negli spazi domestici, godendo, talvolta, addirittura della stima e dell’affetto del padrone.
Nella quinta sezione, Schiavi nei campi, si tratta dell’agricoltura, contesto sicuramente più svantaggiato, per la fatica quotidiana, la presenza di un sorvegliante plenipotenziario e a volte per l’uso delle catene nei campi.
Ancora peggiore poteva essere la situazione delle schiave, esaminata nella sesta sezione Schiavitù femminile e sfruttamento sessuale, per le quali la prostituzione era così frequente da renderne necessaria la proibizione per legge. Ciò nonostante, talvolta le schiave-amanti potevano acquisire ruoli di rilievo nella vita familiare.
Esistevano poi i Mestieri da schiavi (settima sezione), alcuni dei quali conferivano ulteriore marchio di infamia, come le prostitute, i gladiatori, gli aurighi e gli attori. Accanto a questi, però, altri mestieri – oggi stimati, come quello del medico e del chirurgo – erano esercitati da schiavi, molto spesso greci, di particolare cultura e abilità.
L’ottava sezione è dedicata agli Schiavi bambini, del cui impiego nell’economia domestica padronale restano molte testimonianze archeologiche. Il loro numero cresce al termine delle grandi conquiste con l’aumento delle nascite tra gli schiavi che vivono stabilmente nelle case dei padroni.
La nona sezione, Schiavi nelle cave e miniere, descrive la condizione di lavoro e di vita cui erano costretti coloro che rifornivano di marmi e metalli preziosi la capitale e gli altri centri dell’impero.
La decima sezione, Una strada verso la libertà, è dedicata alla manumissio, vera e propria occasione offerta dal diritto romano agli schiavi più meritevoli e a quelli che erano riusciti, arricchendosi, a comprare la propria libertà. Si trattava comunque di una pratica diffusa e unica nella storia della schiavitù tanto che gli schiavi liberati, i liberti, potevano divenire a pieno titolo cittadini romani, con tutti i diritti connessi e poche limitazioni, che peraltro scomparivano per la generazione successiva. Con questa logica, paradossale, il sistema schiavistico romano metteva in moto un vero e proprio ascensore sociale su base, almeno teoricamente, meritocratica.
L’ultima sezione, Schiavitù e religione, esplora il rapporto della schiavitù con alcuni aspetti del culto ufficiale romano, per poi soffermarsi sugli effetti dell’affermazione del Cristianesimo in età costantiniana.





L’esposizione è ideata da Claudio Parisi Presicce e Orietta Rossini. La curatela scientifica è di Claudio Parisi PresicceOrietta Rossini Lucia Spagnuolo. Ideazione, regia e curatela dell’allestimento visivo e sonoro sono di Roberto AndòGiovanni CarluccioAngelo PasquiniLuca Scarzella Hubert Westkemper. La curatela della sezione fotografica è di Alessandra Mauro. Produzione audio e video sono a cura di NEO narrative environment operas. Catalogo De Luca Editore.

17 ottobre 2016

L'ARA COM'ERA Ara Pacis in REALTA' AUMENTATA

L'ARA COM'ERA
Un racconto in realtà aumentata del Museo dell’Ara Pacis


Venerdì e sabato dalle 20 alle 24 dal 14 ottobre 2016

Storia e tecnologia si incontrano per una visita immersiva e multisensoriale dell’Ara Pacis. L’ARA COM’ERA è il primo intervento sistematico di valorizzazione in realtà aumentata e virtuale del patrimonio culturale di Roma Capitale, di uno dei più importanti capolavori dell’arte romana costruito tra il 13 e il 9 a.C. , per celebrare la Pace instaurata da Augusto sui territori dell'impero.
Sarà possibile comprendere l’aspetto originario e la funzione dell’altare e osservare le trasformazioni del Campo Marzio settentrionale, l’area di Roma prescelta da Augusto per celebrare il proprio potere.
L’ARA COM’ERA prenderà il via il 14 ottobre e sarà così articolato:
· dal 14 ottobre al 17 dicembre, venerdì e  sabato dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
· dal 23 dicembre all’8 gennaio, tutte le sere dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
· dal 13 gennaio al 15 aprile, venerdì e  sabato dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
· dal 21 aprile al 31 ottobre, tutte le sere dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso ore 23)
L’ingresso sarà organizzato in piccoli gruppi contingentati, la visita avrà la durata di circa 45 minuti e sarà disponibile in 5 lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco.

INFO TECNICHE
L’ARA COM’ERA presenterà in anteprima una innovativa esperienza di Augmented Reality (Realtà Aumentata) unica nel suo genere. Utilizzando particolari visori AR (Samsung GearVR) e la fotocamera dei device in essi inseriti, elementi virtuali ed elementi reali si fonderanno direttamente nel campo visivo dei visitatori. La particolare applicazione AR riconoscerà la tridimensionalità dei bassorilievi e delle sculture, effettuando un tracking in tempo reale. I contenuti virtuali appariranno al visitatore come “ancorati” agli oggetti reali, contribuendo all’efficacia, all’immersività e al senso di magia dell’intera esperienza. In questo percorso di scoperta, il visitatore sarà invitato a svolgere una serie di gesti e azioni che coinvolgeranno più canali percettivi. E così, osservando da varie angolazioni i plastici e i modellini, i visitatori li vedranno popolarsi di personaggi, intenti a celebrare il sacrificio, ascoltando suoni e voci come in uno spaccato dell’epoca, mentre i calchi raffiguranti la famiglia imperiale prenderanno vita e si racconteranno in prima persona.
L’interpretazione dei personaggi sarà affidata alle voci di Luca Ward e Manuela Mandracchia.

IL PERCORSO DI VISITA
Il percorso, suddiviso in 9 punti di interesse (POI), inizierà davanti al plastico del Campo Marzio Settentrionale (POI 1). Osservando il plastico ricostruttivo dell’Ara Pacis (POI 2) sarà possibile assistere al rito sacro, raccontato nel dettaglio sulla base di diverse fonti letterarie e delle rappresentazioni nella scultura antica. Secondo la tradizione dell’epoca, infatti, le interiora della vittima immolata, dopo essere state lette e interpretate, erano offerte alla divinità. Il plastico del monumento consentirà di mostrare, inoltre, le trasformazioni e i danni che l’altare ha subito nel corso dei secoli, dalla sua costruzione fino alla sua totale scomparsa sotto spessi strati di terreno su cui furono costruiti gli edifici della Roma medievale e rinascimentale.
I calchi raffiguranti i membri della famiglia imperiale (POI 3) permetteranno di esporre i meccanismi di potere e gli intrighi che hanno consentito alla dinastia giulio-claudia di reggere a lungo le sorti di Roma.
Infine si osserveranno i dettagli dell’Ara Pacis (POI 4-9).
Il passato mitico dell’Urbe prenderà vita attraverso la restituzione del colore sui marmi dei monumento, ricostruito in via ipotetica ma con la massima approssimazione consentita, sulla base di uno studio e di una sperimentazione realizzati dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali nel corso di oltre un decennio.
Pochi monumenti sono riusciti a trasmettere, come fa l'Ara Pacis, storia, credenze, ideali e ambizioni di un’intera epoca. A partire dai rilievi con la raffigurazione del sacrificio di Enea e a quelli con la nascita di Romolo e Remo, personaggi, gesti, divinità e animali illustreranno le origini di Roma e della famiglia di Augusto.
Osservando i diversi restauri sulle lastre con raffigurazioni di sacerdoti rivolte verso il Lungotevere, sarà invece possibile ripercorrere le complesse vicende subite dal monumento in tempi moderni. Dal loro ritrovamento nel ‘500 al trasporto a Firenze fino alla ricomposizione di tutti i frammenti poco prima della seconda guerra mondiale.
Si passerà poi ad ammirare la dea Tellus, portatrice di prosperità, e la dea Roma, seduta sulle armi dei vinti, due immagini rappresentative del mondo trasformato dalla pace augustea. Qui il colore renderà chiari funzioni e significati di personaggi e oggetti rappresentati.
Ricco di simboli è anche lo splendido fregio vegetale composto da una moltitudine di piante che nascono da cespi d’acanto, simbolo d'immortalità. Attraverso la colorazione del pannello sotto il quadro della dea Roma, una natura ordinata e rigogliosa, abitata da animali e insetti, potrà essere interpretata così come facevano gli antichi romani, che in questo giardino lussureggiante erano invitati a dimenticare gli orrori della guerra.

Al termine del percorso, lungo la processione rivolta ora verso il Mausoleo, tra gli augures, i littori, i sacerdoti, apparirà Augusto seguito dalla sua famiglia. Il corteo solenne accompagna l’imperatore, lo circonda e lo protegge mentre compie il gesto sacro. Qui si ritrova non la semplice rappresentazione di un rito di Stato, ma l’immagine del presente e del futuro di Roma che vive attraverso le sue istituzioni, Augusto e la sua famiglia, inclusi i bambini, rappresentati tutti insieme per la prima volta nella storia su un monumento pubblico.

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